Visitando Erice, il centro più importante degli Elimi, la prima impressione che si coglie è quella di ritrovarsi in una città di pietra. La roccia calcarea è ben presente nella scalata dal basso verso la vetta del monte San Giuliano, da cui si domina il vertice occidentale siciliano, e non c’è elemento che non ne richiami i suoi sassi.
Sul perfetto triangolo equilatero in cima al monte, affacciato sul mare e spesso avvolto nella nebbia, in un contesto sacrale quasi come l’Olimpo, fu edificato, nell’antichità, il tempio di Venere Ericina, dea della fecondità, della bellezza, dell’amore per elimi, fenici, greci e romani. A lei, che dominava il mare, si rivolgevano i naviganti per chiedere protezione nelle traversate e l’amore delle ierodule, le sacre prostitute del tempio. La lenta scalata, o la più comoda funivia, svela un panorama a perdita di vista che s’accende d’arancio al calar del sole, brillando quando i raggi tagliano in diagonale gli specchi delle saline.
Pietra, dicevamo, la stessa su cui è edificata Erice, con la quale s’iniziarono a creare le mura, che ancora ne segnano perfettamente il perimetro, e le torri merlate. Di pietra è Porta Trapani che immette in una città di chiara origine medievale. Subito a sinistra, la Chiesa Madre dedicata all’Assunta e la Torre campanaria, originariamente torre di vedetta. Su via Vittorio Emanuele il piede solca l’acciottolato segnato da fasce e riquadri, sino in piazza Umberto, dove si trova il Palazzo Municipale.
Perdendosi per le vie del centro storico si continua sul lastricato, fra chiese e palazzi, case terrane e botteghe di souvenir e di produzioni ericine, come i tappeti e le ceramiche, e fra locali e pasticcerie dove assaporare le genovesi, dolci di pasta frolla farcite con crema, ricotta o crema di latte. Il tessuto urbano di Erice è costituito da abitazioni delimitate da muri possenti, manco a dirlo, di pietra, che custodiscono e riparano da occhi, e obiettivi, indiscreti i propri cortili infiorati e profumati, in cui gli ericini da sempre svolgono la propria vita sociale.
Il balcone della dea si trova sull’antica acropoli, a ridosso degli odierni Giardini del Balio con le loro torri ed il castello normanno, detto di Venere, che sorge sul luogo dove s’innalzava il santuario. Da qui l’occhio insegue lembi di costa, si sofferma sulla “falce” di Trapani, sprofonda nelle Egadi, s’immerge nei laghi di sale. Incommensurabile teatro, il più degno per onorare una dea.
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